Doctrina
Título:La nozione di «Accident» nella convenzione di Montreal 1999 e la contributory negligence del passeggero
Autor:Zampone, Alessandro
País:
Italia
Publicación:Revista Latino Americana de Derecho Aeronáutico - Número 72 - Abril 2023
Fecha:20-04-2023 Cita:RLADA-IV-CCXVII-314
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1. Introduzione
2. «Accident» e contributory negligence
3. Il punto di vista della giurisprudenza italiana. Il rischio di alterazione della sistematicità del regime di responsabilità per danno alla persona del passeggero
4. Una chiave di lettura: la relazione tra la nozione aperta di «accident» e la prestazione di protezione
5. La sentenza della Corte di giustizia UE 19 dicembre 2019 e la sua rilevanza sistematica. Conclusioni
Notas

La nozione di «Accident» nella convenzione di Montreal 1999 e la contributory negligence del passeggero

Alessandro Zampone

1. Introduzione [arriba] 

L’interpretazione del termine «accident», impiegato dalla Convenzione di Montreal quale presupposto dell’azione di responsabilità contro il vettore per il danno alla persona del passeggero, è stata oggetto di decisioni da parte di giudici di Stati diversi apparse sostanzialmente confermative dell’opzione ermeneutica offerta della corrispondente nozione impiegata dalle Convenzione di Varsavia ([1]).

Nel sistema della Convenzione di Montreal, analogamente alla Convenzione di Varsavia, l’azione di responsabilità contro il vettore per il danno da bodily injury del passeggero, perché abbia esito positivo, pretende che venga data dal danneggiato la prova della verificazione di un «accident» a bordo dell’aeromobile o nell’ambito di una qualsiasi delle operazioni di imbarco o di sbarco ([2]).

Questo termine, preferito dai redattori a quello di «event» ([3]) – che tuttavia è stato impiegato nella versione non ufficiale in lingua italiana – è stato ritenuto particolarmente idoneo a circoscrivere l’ambito del sorgere dell’azione di responsabilità solo ad accadimenti dotati di determinate caratteristiche. Si tratta evidentemente di una espressione che si colora in termini specifici rispetto a qualsivoglia evento ([4]). L’individuazione di tali caratteri è stata oggetto di un vivace dibattito che si riteneva fosse giunto ad un definitivo punto di approdo già con riferimento al sistema della Convenzione di Varsavia.

Proprio recentemente, una sentenza della High Court of Justice inglese ([5]) è tornata nuovamente sulla definizione di tale espressione. La Corte, confermando l’orientamento della giurisprudenza americana a partire dal caso Saks ([6]), generalmente condiviso dalle magistrature continentali ([7]), conferma che non qualsivoglia accadimento che provochi una lesione al passeggero costituisce ragione di responsabilità del vettore, ma solo quello esterno al passeggero, inusuale o inatteso rispetto alle normali condizioni di operatività del trasporto ([8]). Il riferimento è pertanto inteso con riguardo alle caratteristiche del fatto generatore e non alle conseguenze causali dello stesso.

Rappresenta «accident» tutto ciò che si manifesta come inusuale, imprevisto, inatteso, non ordinario rispetto al normale svolgimento della prestazione di trasferimento del passeggero ([9]). Sostiene la Camera dei Lords inglese, con affermazione che si condivide, che tali requisiti devono essere osservati dal punto di vista del passeggero danneggiato «from the claimant’s perspective» ([10]). E quindi costituisce «accident» non solo ciò che rappresenta un rischio tipico della navigazione aerea, quali un incidente, una turbolenza ([11]), un dirottamento ([12]); ma anche quegli accadimenti che, benchè non provocati dal passeggero, siano riconducibili ad una sua condotta; il passeggero, infatti, oggetto della prestazione di trasferimento, è affidato alle misure di protezione del vettore ed è chiamato a cooperare ai fini dell’adempimento delle prestazioni delle quali è creditore. La posizione di attiva partecipazione del passeggero alla prestazione di trasferimento implica infatti che tale relazione incida significativamente nella definizione di quali siano e debbano essere le condizioni di operatività del trasporto inteso nella sua dimensione temporale e spaziale che delimita la prestazione del vettore e il perimetro della sua responsabilità (dall’inizio delle operazioni di imbarco fino al compimento dello sbarco). Infatti, l’accadimento, riguardato da questa prospettiva, deve essere inaspettato, inusuale ed esterno al passeggero. Perché sia esterno al passeggero, deve necessariamente prescindere da ogni apporto causale delle condizioni e della condotta del passeggero. Al tempo stesso, sono destinate a rilevare anche quelle condotte omissive del vettore o dei suoi preposti che, benchè non necessariamente collegate all’impiego dell’aeromobile, rappresentino una contraddizione degli obblighi di sicurezza e protezione nei confronti del passeggero ([13]).

2. «Accident» e contributory negligence [arriba] 

Per tale ragione, alla luce della declinazione delle caratteristiche composite della nozione di «accident», si ritiene che debba essere raggiunta anche la prova di una assoluta indipendenza del fattore produttivo del danno rispetto ad una azione od omissione del passeggero medesimo o comunque ad ogni situazione che sia riconducibile alla condizione del passeggero, soggettiva o oggettiva che sia.

Sotto questo aspetto, il problema della individuazione degli elementi costitutivi della nozione in questione si complica. Dal momento che l’estraneità rispetto alle condizioni di normale operatività del trasporto deve essere riguardata con riferimento a tutti quegli aspetti che incidono direttamente su quelle fasi della esecuzione della prestazione che presuppongono la presenza del passeggero e la partecipazione attiva da parte sua.

Si tratta infatti di un tema molto delicato, destinato ad incidere inevitabilmente sulla configurazione del criterio di imputazione della responsabilità e sui conseguenti oneri probatori da distribuire tra le parti del contratto.

Questo perché entrando, in tal caso, il fatto del passeggero, creditore della prestazione, sia nella configurabilità in termini negativi del presupposto dell’azione di responsabilità, l’«accident» per l’appunto al quale deve essere estraneo, sia nella identificazione di uno dei fatti impeditivi della responsabilità, la c.d. contributory negligence addirittura interruttiva del nesso causale tra condotta del debitore e danno, il rischio di sovrapposizioni si presenta molto concreto.

Questa dimensione di estraneità e distanza dell’«accident» rispetto al passeggero, delineata efficacemente dalla giurisprudenza, appare chiaramente apprezzabile in concreto quando a rilevare fenomenologicamente sia un fatto diverso rispetto ad un atto compiuto dal passeggero. In tal caso, si tratta di un evento rispetto al quale il passeggero non contribuisce in alcun modo ponendosi nei suoi confronti in una situazione di totale soggezione (ad esempio, un incidente occorso all’aeromobile o anche la caduta di un bagaglio dalla cappelliera qualora il danneggiato non abbia avuto alcun ruolo nel suo posizionamento a bordo o, ancora, la bevanda bollente versata per errore del personale di cabina sul corpo del passeggero).

Diversamente, quando il danno trae origine o sia connesso ad una stato del passeggero, ad una attività compiuta dal medesimo, danneggiato durante l’esecuzione del trasporto, anche allorchè sia pretesa nel compimento dell’attività di collaborazione alla quale è tenuto perché il vettore adempia la propria obbligazione (ad esempio, salire o scendere dalla scaletta di imbarco o sbarco dell’aeromobile), la ricerca dei caratteri di alterità, lontananza ed estraneità dell’«accident» presenta quegli elementi di complessità e contaminazione cui si è accennato. Questo perché l’«accident» finisce per connotarsi concretamente in termini negativi con riferimento ad un elemento diverso rispetto alla sola identità oggettiva dell’accadimento ed alla sua dall’alterità rispetto all’azione o all’omissione del passeggero medesimo (la caduta del passeggero durante lo sbarco può, in sé considerata, non rappresentare le caratteristiche dell’«accident» qualora si sia verificata per colpa del passeggero stesso). Il principio cui occorre riferirsi è comunque sempre il medesimo; l’evento deve essere esterno al passeggero, inusuale, inatteso rispetto alle normali condizioni di operatività del trasporto ([14]) intese con riferimento ad ogni sua fase, comprese quelle che coinvolgono direttamente la posizione del passeggero ([15]). Tutto quel che appare non conforme alle regole cautelari che rappresentano la prestazione del vettore aereo ed alle procedure integra gli estremi dell’«accident» qualora dia luogo alla lesione dell’integrità fisica del passeggero.

Ma il riferimento alle condizioni di operatività del trasporto, e quindi alle regole cautelari che le riguardano, pone almeno due problemi di carattere sistematico tra loro intimamente connessi; l’individuazione della esatta dimensione delle regole cautelari cui il vettore è tenuto a conformare la propria organizzazione e la propria condotta; in che misura esse gravino sui presupposti dell’azione di responsabilità piuttosto che sulla configurazione del fatto impeditivo e, conseguentemente, sulla ripartizione dei rispettivi oneri probatori.

3. Il punto di vista della giurisprudenza italiana. Il rischio di alterazione della sistematicità del regime di responsabilità per danno alla persona del passeggero [arriba] 

Un caso emblematico di questa complessità è rappresentato dall’infortunio occorso al passeggero durante l’imbarco o lo sbarco dall’aeromobile all’aeroporto di partenza o a quello di destinazione. La recente sentenza inglese sopra richiamata riguarda siffatta ipotesi; nella circostanza, il passeggero aveva agito contro il vettore per il risarcimento dei danni subiti a causa della propria rovinosa caduta durante la discesa dalla scaletta dell’aereo, resa scivolosa dalla neve posatasi improvvisamente in seguito al repentino mutamento delle condizioni meteo sull’aeroporto di Milano. La decisione, anche in tal caso, ha inteso attribuire rilievo al momento costitutivo della responsabilità e all’individuazione della causa della caduta del passeggero durante una fase del trasporto che normalmente si svolge secondo una procedura operativa standardizzata cui il vettore è obbligato ad attenersi. L’indagine, quindi, ha dovuto riguardare il rapporto causa-effetto tra una eventuale anomalia della procedura operativa e la caduta del passeggero (nel caso della sentenza inglese, l’assenza della prevista tenda di copertura della scaletta rimasta esposta quindi alla neve). La nozione di «accident» viene intesa in termini maggiormente articolati che non si limitano a valorizzare, secondo le caratteristiche di estraneità ed inusualità sopra indicate, la causa più prossima del pregiudizio, ma impongono che il momento immediatamente produttivo del danno (la caduta del passeggero) venga ricondotto ad una anomalia nell’esecuzione della prestazione di trasporto globalmente intesa. Il medesimo approccio interpretativo ha condotto i giudici della Corte di cassazione italiana a risolvere in termini diametralmente opposti un caso dalle caratteristiche analoghe nel quale, tuttavia, è stata condivisa l’opzione ermeneutica secondo la quale si è in presenza di «accident» qualora venga dimostrato, con onere a carico del danneggiato, che l’infortunio sia avvenuto in un contesto di anomalia operativa e sia dipeso da un fattore esterno al comportamento del passeggero ([16]). In tal caso, tuttavia, poiché la prova dell’«accident» coincide con l’accertamento della causa del danno, che necessariamente finisce per coinvolgere l’analisi delle modalità operative osservate per l’esecuzione del trasporto (dall’inizio dell’imbarco fino allo sbarco del passeggero), il problema è quello di stabilire quale intensità debba attribuirsi al momento della allegazione della sussistenza dei presupposti per l’azione di responsabilità e se e in quale misura se ne debba gravare il danneggiato. Aspetto che, pur rappresentando un antecedente necessario, finisce per sovrapporsi in termini concreti con il contenuto della prova liberatoria che il vettore può essere chiamato ad invocare, sia con riguardo alla ipotesi della cosiddetta negligenza contributiva (contributory negligence) che, ai sensi dell’art. 20 della Convenzione di Montreal, esonera il vettore (l’apporto causale è da considerarsi anche potenzialmente esclusivo, non solo concorrente) da ogni obbligo riparatorio nei confronti del passeggero (e quindi anche dalla prestazione stabilita dall’art. 21, paragrafo 1 della Convenzione, ossia quella del c.d. «primo livello» di responsabilità); sia con riguardo alla prova liberatoria stabilita dall’art. 21, paragrafo 2, della Convenzione per l’esonero della responsabilità del vettore per la morte e le lesioni subite dal passeggero («secondo livello» di responsabilità). Non a caso, la pronuncia della Cassazione italiana cui sopra si è fatto riferimento ha tratto dalla mancata allegazione da parte del danneggiato dei requisiti integranti la nozione di «accident» la prova che il danno fosse dipeso dal fatto del viaggiatore stesso, in quanto causa esclusiva della caduta dalla scaletta dell’aereo, e, come tale, idoneo ad essere qualificato in termini di caso fortuito e quindi di impossibilità non imputabile della prestazione di protezione e, quindi, come ipotesi di esonero dalla responsabilità ([17]). La condotta negligente del passeggero danneggiato è infatti riguardata nella Convenzione di Montreal soprattutto con riferimento ai presupposti della responsabilità e non al problema dell’estensione quantitativa della medesima che coinvolge piuttosto gli oneri di mitigation of damages cui il danneggiato è tenuto nella fase successiva al verificarsi dell’accadimento ([18]).

Si tratta quindi di un tema che, coinvolgendo, come sostengono esplicitamente i giudici, il rapporto tra evento dannoso ed anormalità del servizio di trasporto, appare strettamente connesso a quello della prova della riconducibilità dell’incidente ad un rischio endemico dell’attività di trasporto aereo e quindi della sfera di operatività del vettore. La stessa Cassazione italiana afferma che quella stessa causa del danno la cui prova in termini di «accident» rappresenta il presupposto indispensabile per l’azione di responsabilità coincide con il contenuto della prova liberatoria che il sistema della Convenzione attribuisce al vettore («il fatto del viaggiatore, in quanto causa esclusiva della caduta, si presta ad essere qualificato in termini di caso fortuito e […] incidendo sul nesso di causalità, neutralizza le pesanti ricadute della responsabilità oggettiva»).

In questo accostamento si coglie un significativo motivo di contraddittorietà che tuttavia i giudici della Cassazione italiana non risolvono benchè nella ricostruzione offerta avrebbero potuto essere valorizzati elementi che appaiono decisivi per ricondurre il problema nella unitarietà sistematica del regime di responsabilità stabilito nella Convenzione di Montreal per i danni alla persona del passeggero. Ed infatti, da un lato, la Corte sostiene che la prova da parte del danneggiato della ricorrenza di un «accident» – «punto di equilibrio in una nozione vestita di evento» – e cioè «dell’indipendenza del fattore produttivo del danno rispetto ad una azione od omissione del passeggero medesimo, costituisce la preliminare chiave di accesso per il vittorioso esperimento di qualsiasi azione di responsabilità che l’infortunato intenda svolgere»; dall’altro, che «solo dopo che tale prova sia stata fornita, scattano gli oneri probatori a carico del vettore, variamente articolati a seconda della soglia di risarcibilita?: in particolare, il vettore, per i danni che non superano i 100.000 diritti speciali di prelievo [aggiornati dal 28 dicembre 2019 in 128.821, n.d.r.], potra? e dovra? provare, a propria discolpa, il fatto del danneggiato, laddove per quelli da? misura superiore andra? esente da responsabilita? mediante la prova della non riferibilita? dell'evento lesivo alla propria sfera di attivita? e organizzazione ovvero della sua riferibilita? al fatto del terzo». Appare evidente la contaminazione dei piani e come si finisca per attribuire un onere probatorio di contenuto per lo meno sovrapponibile, in capo al creditore ed al debitore della prestazione con riferimento specifico alla causa del danno. Questa, infatti, nella ricostruzione della Cassazione entra in gioco sia con riferimento al fatto costitutivo della responsabilità (l’«accident»), con onere in capo al danneggiato; sia con riguardo al fatto impeditivo, con onere a carico del vettore. Soluzione che francamente appare destabilizzare in primo luogo il principio di imputazione della responsabilità di diritto speciale che attua una radicale svalutazione del momento della colpa nel fatto del danneggiato attribuendo rilievo alla condotta della vittima solo se, osservata dalla prospettiva della causalità, questa assume il carattere del fortuito ([19]). Ma il ragionamento della Cassazione sembra anche contraddire, come si dirà, le categorie generali del sistema di responsabilità per inadempimento dell’obbligazione contrattuale.

4. Una chiave di lettura: la relazione tra la nozione aperta di «accident» e la prestazione di protezione [arriba] 

In effetti, il sistema distingue chiaramente, fin dal piano definitorio, il ruolo che deve essere attribuito all’elemento dell’«accident» rispetto alla colpa del danneggiato; il primo, infatti, riguarda il momento costitutivo della responsabilità e, sulla base di quel che si dirà in seguito, potrebbe essere anche solo dedotto dal danneggiato purchè venga dimostrata la sua riconducibilità all’ambito di estensione spazio-temporale della responsabilità del vettore («upon condition only that the accident which caused the death or injury took place on board the aircraft or in the course of any of the operations of embarking or disembarking»); la seconda, invece, rappresenta un fatto impeditivo la cui prova spetta al vettore, debitore della prestazione. L’art. 20 della Convenzione (Exoneration), stabilisce chiaramente che «if the carrier proves that the damage was caused or contributed to by the negligence or other wrongful act or omission of the person claiming compensation, or the person from whom he or she derives his or her rights, the carrier shall be wholly or partly exonerated from its liability to the claimant to the extent that such negligence or wrongful act or omission caused or contributed to the damage». Appare significativo che nella dimensione dei fatti impeditivi della responsabilità (art. 21), tra i quali rileva autonomamente la negligenza contributiva (art. 20), debba essere ricondotta anche l’ipotesi in cui la lesione del passeggero sia da riferire allo stato di salute dello stesso danneggiato. Circostanza che, come è evidente, non potendo certo essere considerata «esterna» al passeggero, escluderebbe in radice il ricorrere di un «accident». Nell’ambito del Sistema di Varsavia, il Protocollo di Guatemala City del 1971, non entrato in vigore, nel definire il perimetro della responsabilità del vettore stabilito dall’art. 17, prevedeva che «however, the carrier is not liable if the death or injury resulted solely from the state of health of the passenger». L’esplicita previsione di tale evento esonerativo, non riproposta nella Convenzione di Montreal probabilmente proprio in ragione della lettura restrittiva della nozione di «accident» affermatasi nella prassi ([20]), chiarisce tuttavia su chi debba gravare l’onere della prova di tale tipica situazione di condizione, «fatto» del passeggero, che contraddice ogni ipotesi di esternalità rispetto al medesimo danneggiato. Si tratta, del resto, di una circostanza che, per come definita dalla norma, incide direttamente sul momento impeditivo della responsabilità gravando il vettore della relativa prova.

Anche nell’ipotesi dell’art. 20 della Convenzione di Montreal, l’onere della prova è in capo al vettore e tale prova dovrà riguardare non il rapporto tra la colpa del danneggiato e verificarsi dell’«accident», ma il suo apporto causale rispetto alle conseguenze dell’«accident», ossia il sorgere del danno (damage). Ma se la causa del danno rilevante deve essere un «accident» – dal momento che in caso contrario non viene innescato il meccanismo della responsabilità per lesioni personali del passeggero – il contenuto della prova del fatto impeditivo cui è in questo caso chiamato il vettore pretende l’individuazione della causa del danno, e quindi l’«accident», e, nel caso in cui venga invocato l’art. 20 della Convenzione, la sua riconducibilità alla contributory negligence. Riguardato sotto il profilo della prestazione dovuta dal debitore, il contegno irregolare del danneggiato rileva come fatto impeditivo della prestazione perché incide sull’attività del vettore. Questa attività, venendo in gioco la prestazione di protezione, è infatti strettamente dipendente anche dalla disponibilità del passeggero a fare in modo che il vettore adempia correttamente. Prima di costituire una violazione del dovere di cooperazione che grava sul passeggero, il suo contegno antidoveroso può rilevare come impedimento sopravvenuto rispetto all’attività del vettore. Emblematico, da questo punto di vista, è il caso dell’assunzione da parte del passeggero, durante il trasporto, di bevande ed alimenti serviti dal personale di volo ai quali il passeggero stesso sapeva di essere allergico ([21]).

In definitiva, la considerazione della posizione del passeggero entra sia nel momento costitutivo della responsabilità che in quello impeditivo. Quanto al primo aspetto, la presenza di un contegno irregolare del passeggero esclude automaticamente il requisito della estraneità al passeggero cui l’«accident» deve infatti essere esterno ([22]). Tuttavia, solo nel secondo, a mio giudizio, in un regime di responsabilità fondato su un criterio di imputazione presuntivo che convive con l’area del rischio contrattuale cui deve riferirsi la particolare previsione dell’art. 21, paragrafo 1, relativa al c.d. «primo livello», se ne deve dedurre e dimostrare la rilevanza causale con onere a carico del vettore ([23]).

La nozione di «accident», come sopra si è riferito, è una nozione aperta, che impone una valutazione caso per caso. Essa delimita l’area del danno risarcibile, ma non impone al passeggero altro onere probatorio se non quello di dimostrare il danno ed indicare la verificazione dell’accadimento che vi ha dato luogo, secondo prossimità ed immediatezza, a bordo dell’aeromobile o nel corso delle operazioni di imbarco o sbarco. Il contenuto dell’onere probatorio cui è tenuto il passeggero si sostanzia nella collocazione di tale evento nell’ambito spazio-temporale della responsabilità del vettore. Qualora il vettore voglia esonerare la responsabilità dovrà a sua volta dimostrare la causa effettiva del danno e ricondurla ad uno degli eventi esonerativi indicati dalla Convenzione. Non spetta al passeggero dimostrare la causa effettiva del danno (o la causa mediata del danno qualora ci si trovi in presenza di una concatenazione di eventi). Anche nel leading case «Saks», al quale generalmente ci si riferisce nell’attribuire l’onere della prova della causa del danno in capo al passeggero, viene affermato, con intenzione chiaramente semplificatoria, che il danneggiato deve essere in grado di provare («only be able to prove») ([24]) che «some link in the chain was unusual or unexpected event external to the passenger» ([25]). Ciò sembra condurre ad escludere che il passeggero possa essere gravato necessariamente dell’individuazione della causa effettiva del danno. Questo momento rileva, infatti, esclusivamente nell’accertamento del fatto impeditivo anche qualora questo, ai sensi dell’art. 20 della Convenzione, sia rappresentato dalla condotta negligente del danneggiato stesso (contributory negligence). La norma, infatti, anche in tal caso, pone un problema di causalità che è un problema relativo all’esistenza della responsabilità. Nel caso specifico, si tratta della responsabilità per la violazione dell’obbligo di protezione del passeggero.

Quindi, porre sul passeggero l’onere di provare la causa effettiva del danno, l’«accident», comporta una ingerenza del danneggiato nella determinazione del giudizio di imputabilità al vettore del fatto generatore del danno che, non solo non è richiesta, ma è anche esplicitamente esclusa dalla previsione legale che attribuisce al vettore la prova della non imputabilità anche mediante la dimostrazione della contributory negligence del danneggiato (artt. 17, 20 e 21 Convenzione di Montreal). Il contenuto della prova liberatoria del vettore, del resto, finisce per coincidere, in termini positivi, con il contenuto dell’obbligo di protezione rivelatosi impossibile da adempiere per una causa non imputabile. La prova consiste nell’estraneità al vettore del fatto causativo del danno. Il fatto poi che l’obbligo di protezione, al pari della nozione di «accident», sia a contenuto aperto, consente di adeguarne automaticamente la portata all’evolvere del contenuto delle misure cautelari, codificate o meno, poste a salvaguardare la sicurezza del trasporto e l’incolumità del passeggero con riferimento al mezzo di trasporto, all’organizzazione del vettore ed alle caratteristiche del sistema operativo di trasporto globalmente inteso. Sistema che diviene sempre più complesso non solo per ragioni endemiche al trasporto aereo, ma anche per il sopravvenire di fattori esterni, globalizzati, in grado di incidere significativamente sulle condizioni operative del trasporto. Si pensi, ad esempio, alle conseguenze, sotto il profilo in esame, della violazione delle norme introdotte nel sistema del trasporto aereo per fronteggiare l’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia Covid-19 ([26]). In base al principio di precauzione proprio del trasporto aereo, l’elaborazione di «Linee guida» che, se rispettate e ben applicate, conducono ad evitare la contaminazione epidemiologica in ambito infrastrutturale, integrano il contenuto della prestazione di trasporto aereo rispetto alle nuove esigenze sanitarie, sia nella fase dell’emergenza sia in futuro, con il prioritario obiettivo della salute dei passeggeri e degli addetti dell’intera filiera del sistema operativo del trasporto aereo stesso ([27]). Si tratta, anche in tal caso, di regole cautelari di condotta poste a presidio della sicurezza e della incolumità del passeggero la cui violazione dovrebbe indurre, anche sulla scorta di precedenti giurisprudenziali che hanno riguardato casi analoghi, la responsabilità del vettore secondo uno schema dell’imputazione della responsabilità che non dovrebbe ammettere incertezze sull’attribuzione dei relativi oneri probatori ([28]).

5. La sentenza della Corte di giustizia UE 19 dicembre 2019 e la sua rilevanza sistematica. Conclusioni [arriba] 

Quindi, non può sottacersi un certo disagio nel dovere prendere atto che un sistema di responsabilità così evoluto ed attento all’effettività del principio di riparazione, quale è quello della Convenzione di Montreal in tema di danni alla persona del passeggero, pretenda che sia il danneggiato a dovere dimostrare, quale condizione della proposizione dell’azione risarcitoria, l’«accident» e la causa del danno. Condizione che, applicata sistematicamente a livello generale nell’ambito dell’art. 17 della Convenzione, imporrebbe al passeggero, nella dimostrazione dei caratteri dell’evento produttivo del danno, l’onere della prova circa la sussistenza del nesso tra l’accadimento e l’impiego o il movimento dell’aeromobile, e i sistemi e i dispositivi operativi utilizzati (anche per le operazioni imbarco e sbarco dei passeggeri). In relazione a tale aspetto è intervenuta di recente proprio la Corte di giustizia UE la quale ha stabilito che la nozione di «accident» ricomprende tutte le situazioni che si producono a bordo di un aeromobile, senza che occorra acclarare se tali situazioni risultino da un rischio inerente al trasporto aereo ([29]). Si tratta di una soluzione condivisibile in linea di principio sotto il profilo della distribuzione degli oneri probatori e che, sembra stemperare il rigore dell’interpretazione maggiormente accreditata (e via via consolidatasi) del concetto di «accident» che impone al passeggero l’onere di individuare la causa determinante con tutte le intuibili conseguenze in termini di difficoltà di tale prova. Richiedere infatti la dimostrazione del nesso tra evento dannoso ad un accadimento riconducibile alle attività di trasporto, da un lato, pone sul danneggiato un onere complesso e a volte insormontabile ([30]); dall’altro, rappresentando la dimostrazione dell’«accident» condizione della responsabilità del vettore, finisce per accordare forme di esonero automatico, in entrambi i livelli di responsabilità stabiliti dal combinato disposto degli artt. 17 e 21 della Convenzione, in tutti quei casi in cui il danneggiato non sia in grado di dimostrare la relazione causale tra danno subito ed anormalità del servizio di trasporto. Ed è proprio in tal senso che la Corte di giustizia si esprime: «subordinare la responsabilità del vettore alla condizione che il danno sia dovuto alla concretizzazione di un rischio inerente al trasporto aereo ovvero all’esistenza di un nesso tra l’“incidente” e l’impiego o il movimento dell’aeromobile non è conforme né al senso comune della nozione d’“incidente”, di cui all’art. 17, § 1, della Convenzione di Montreal, né agli obiettivi dalla medesima perseguiti» (n. 41).

È stato sostenuto che tale interpretazione esponga i vettori al rischio dell’eccessivo proliferare delle richieste risarcitorie ([31]). Questo è senza dubbio una concreta eventualità i cui effetti distorsivi, tuttavia, credo possano essere tranquillamente ammortizzati in un sistema di responsabilità che conservi la sua coerenza sistematica.

Infatti, se, come si è detto, l’«accident» rappresenta il presupposto dell’azione di responsabilità del vettore per lesioni al passeggero, esso, secondo i caratteri elastici che ne sono stati precisati ([32]), si configura come l’accadimento che consegue alla violazione di una o più regole cautelari poste a presidio della sicurezza del trasporto e dell’incolumità del passeggero. Del resto, in un sistema di responsabilità per danni alla persona del passeggero congegnato secondo le caratteristiche stabilite dalla Convenzione di Montreal, la misura della diligenza richiesta finisce per rilevare soprattutto come criterio di controllo della impossibilità o meno della prestazione dovuta. Rientra in questo ambito anche l’accadimento riconducibile alla regolarità operativa del trasporto considerato in ogni sua fase. Ne consegue che la mancata osservanza di tali regole connota l’inadempimento di una prestazione del vettore, ossia la violazione dell’obbligo di protezione il cui contenuto è corrispondentemente altrettanto aperto ([33]) rispetto a quello di «accident». Se l’«accident» determina l’accadimento che dà luogo all’inadempimento dell’obbligazione di protezione – come «the event of the destruction or loss of, or damage to, cargo» rappresenta, nell’art. 18 della Convenzione di Montreal, la violazione dell’obbligo di custodia delle merci (formula corrispondente è riproposta per il danno al bagaglio) – allora, in quanto tale, sarà sufficiente che il danneggiato lo deduca collocando e dimostrando la sua verificazione nell’ambito spazio-temporale della responsabilità del vettore. É il sistema della responsabilità stabilito dagli art. 17 e 21 della Convenzione a determinare la distribuzione degli oneri probatori. Il passeggero è il creditore della prestazione di protezione e, nell’agire in giudizio per il risarcimento dei danni alla propria persona, conformemente al principio generale della presunzione della persistenza del diritto espresso in materia di responsabilità per inadempimento dalla giurisprudenza nazionale, «deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, su cui incombe l’onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall’adempimento» ([34]). E questo perchè «la prova dell’inadempimento si risolve, di regola, nella prova di un fatto negativo (il mancato adempimento) ed essa è, per il creditore, certamente meno agevole rispetto alla prova dell’adempimento che grava sul debitore» ([35]).

Si tratta di una regola che, affermatasi nel panorama della responsabilità da inadempimento, appare appropriata al contesto, all’oggetto, allo scopo della Convenzione di Montreal perché orientata ad accogliere al meglio il principio della riparazione (non si risolve quindi in una violazione delle raccomandazioni enunciate dall’art. 31 della Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 nell’interpretazione dei trattati internazionali) ([36]). Essa, peraltro, tende a ricevere applicazione unitaria in tema di responsabiltà contrattuale perché implica necessariamente il riferimento a un risultato dovuto da determinare in modo appropriato in funzione degli affidamenti creati mediante la conclusione e l’esecuzione del contratto.

Peraltro, tenendo conto dei caratteri della prestazione di protezione cui è tenuto il vettore, non può certo configurarsi una obbligazione negativa che attribuirebbe al debitore la responsabilità per inadempimento di un obbligo di non fare, con la conseguente inversione della regola sopra richiamata (non potendosi in tal caso fare gravare sul debitore l’onere di provare di non aver commesso alcuna delle condotte positive che avrebbero violato il proprio obbligo di non fare). Nel caso del trasporto aereo di passeggeri, alla prova dell’adempimento cui è tenuto il debitore che vuole esonerare la propria responsabilità si può sostituire, per conseguire i medesimi effetti liberatori, la prova del fatto impeditivo che esclude ogni relazione causale tra l’evento e la sfera giuridica del vettore (il fatto del danneggiato, l’estraneità alla propria attivita? e organizzazione, la riferibilita? dell’evento al fatto del terzo).

Alessandro Zampone
Professore ordinario di Diritto della navigazione
Sapienza – Università di Roma

 

 

Notas [arriba] 

([1]) Il danno da morte o lesione corporale del passeggero di cui il vettore aereo è chiamato a rispondere – secondo il modello della Convenzione di Varsavia del 1929, confermato, per questo aspetto, dalla Convenzione di Montreal del 1999 – deve derivare da un «accident». Secondo l’art. 17 della Convenzione di Varsavia, rimasto invariato nel successivo Protocollo di emendamento del 1955, «Le transporteur est responsable du dommage survenu en cas de mort, de blessure ou de toute autre lésion corporelle subie par un voyageur lorsque l’accident qui a causé le dommage s’est produit à bord de l’aéronef ou au cours de toutes opérations d’embarquement et de débarquement». Parallelamente, l’art. 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal 1999, stabilisce che «The carrier is liable for damage sustained in case of death or bodily injury of a passenger upon condition only that the accident which caused the death or injury took place on board the aircraft or in the course of any of the operations of embarking or disembarking». Cfr. Pellegrino, La nozione di incidente nel trasporto aereo, in Il trasporto aereo tra normative comunitaria ed uniforme, (a cura di R. Tranquilli Leali e E. G. Rosafio), Milano, 2011, 45; Liberatoscioli, La nozione di accident per il risarcimento dei danni al passeggero aereo, in Dir. tur. 2008, 259.
([2]) Cass. 14 luglio 2015 n. 14666, in Dir. trasp. 2017, 535, con nota di Cocca, La responsabilità del vettore aereo per lesioni al passeggero: sulla nozione di accident e sulla ripartizione dell’onere della prova; e in Dir. mar. 2015, 589, con nota di Secchiaroli, La Corte di cassazione, sez. III, 14 luglio 2015 n. 14666, qualifica il concetto di «evento» – «accident» di cui all’art. 17, primo comma, della Convenzione di Montreal del 1999: «la prova della ricorrenza di un siffatto evento […] costituisce la preliminare chiave di accesso per il vittorioso esperimento di qualsivoglia azione di responsabilità che l’infortunato intenda svolgere. E invero, solo dopo che tale prova sia stata fornita, scattano gli oneri probatori a carico del vettore, variamente articolati a seconda della soglia di responsabilità».
([3]) Cfr. il documento presentato dall’International Union of Aviation Insurers, DCW Doc No.28, 13 maggio 1999, nonché Rapporteur on the Modernization and Consolidation of the Warsaw System, C WP/10576.
([4]) «Accident» non è un semplice «fait», termine quest’ultimo impiegato dal Protocollo di Guatemala City 1971; cfr. Mateesco Matte, Treatise on Air-Aeronautical Law, Montreal-Toronto, 1981, 404.
([5]) High Court of Justice Queen’s Bench Division 31 luglio 2019, Labbadia v. Alitalia [2019] EWHC 2103 (QB); in Dir. trasp. 2020, vol. 2, con nota di Lobianco, I presupposti necessary ai fini del riconoscimento della responsabilità del vettore in caso di lesioni del passeggero. La nozione di incidente.
([6]) U.S. Supreme Court 4 marzo 1985, Air France v. Saks, 470 US 392.
([7]) Cass. fr. 8 ottobre 2014 e 15 gennaio 2014; Cass. 14 luglio 2015 n. 14666, cit.
([8]) Anche la Camera dei Lords inglese, nel caso The Deep Vein Thrombosis, [2005] UKHL 72, e in Dir. mar. 2006, 923, si è espressa in termini sostanzialmente analoghi. Cfr. Comenale Pinto, Nozione di «incidente» e condotte omissive del vettore e dei suoi preposti nel trasporto aereo internazionale di persone, nota a Corte Suprema degli Stati Uniti nel caso Olimpic Airways c. Husain, in Dir. trasp. 2006, 609 ss.
([9]) Tompkins, Liability Rules Applicable to International Air Transportation as Developed by the Courts in the United States: From Warsaw 1929 to Montreal 1999, 2010, 154.
([10]) Camera dei Lords inglese, The Deep Vein Thrombosis, cit.: «the “unintended and unexpected” quality of the happening in question must mean “unintended and unexpected” from the viewpoint of the victim of the accident».
([11]) L’ipotesi del danno fisico subito a causa di una turbolenza è frequente nella giurisprudenza; Koor v. Air Canada [Ontario Superior Court of Justice 12 giugno 2001], 106 A.C.W.S. (3d) 6; A.C.W.S. LEXIS 17283; Morgan v. Luftansa German Airlines [U.S. C.A., 2nd Cir., 12 agosto 2003], 339 F.3d 158.
([12]) Dempsey, Hardaway, Thoms, in 2 Aviation Law & Regulation, 1993.
([13]) Supreme Court oh the United States 24 febbraio 2004, Olympic Airways v. Husain, in Dir. trasp. 2006, 603 ss., con nota di Comenale Pinto, Nozione di «incidente» e condotte omissive del vettore e dei suoi preposti nel trasporto aereo internazionale di persone, cit.
([14]) Tale considerazione risente del dibattito apertosi in relazione al rapporto tra la nozione di «accident» della Convenzione di Varsavia e quella di «accident» richiamata dall’Annesso XIII della Convenzione di Chicago 1944 e ricondotta ad una «occurrence associated with the operation of an aircraft»; Gardiner, The Warsaw Convention of the Three Score Years and Ten, in Air & Space Law 1999, 114 s.
([15]) Cass. 14 luglio 2015 n. 14666, cit.: «Accident, si è detto, non è qualsivoglia accadimento, ma solo quello esterno al passeggero, inusuale e inatteso rispetto alle normali condizioni di operatività del trasporto».
([16]) Cass. 14 luglio 2015 n. 14666, cit.
([17]) Per il ruolo della negligenza contributiva del danneggiato nel sistema di responsabilità (two tier liability) della Convenzione di Montreal 1999, si rinvia a Zampone, Il rischio dell’impossibilità della prestazione nel contratto di passaggio, Napoli, 2008, 235 ss.
([18]) Mi sia consentito rinviare a Zampone, Il rischio dell’impossibilità della prestazione nel contratto di passaggio, cit., 235 ss.
([19]) Cfr. Zampone, Il rischio dell’impossibilità della prestazione nel contratto di passaggio, cit., 241.
([20]) Cfr. in tal senso, Comenale Pinto, Nozione di «incidente» e condotte omissive del vettore e dei suoi preposti nel trasporto aereo internazionale di persone, cit., 616. Tale previsione, benchè presa in considerazione durante i lavori preparatori della Convenzione di Montreal, è stata poi eliminata dal testo definitivo. Come riferisce C. giust. UE 19 dicembre 2019, causa C-532/18, Niki Luftfahrt, in Dir. trasp. 2020, vol. 2, con nota di Lobianco, I presupposti necessary ai fini del riconoscimento della responsabilità del vettore in caso di lesioni del passeggero. La nozione di incidente, n. 38: «è stato, infatti, sostanzialmente ritenuto che il mantenimento di tale clausola d’esonero squilibrasse gli interessi in gioco, a detrimento del passeggero e che, in ogni caso, la Convenzione prevedesse già una clausola generale di esonero all’articolo 20».
([21]) Cfr. Cobbs, The Shifting Meaning of «Accident» under Article 17 of the Warsaw Convention: What did the Airline known and what did it do about it?, in Air & Space Law 1999, 123.
([22]) Nella sentenza della Corte d’appello di Torino del 4 luglio 2011 n. 990, confermata dalla Cassazione con la pronuncia n. 14666 del 14 luglio 2015, cit., viene espresso chiaramente che la caduta del passeggero può essere frutto di fattori o di fattori interni all’infortunato (quali negligenza, malore, ecc.), ovvero di fattori esterni (quali pericolosità nella superficie, ostacolo nascosto, ecc.).
([23]) Cfr. Antonini, La responsabilità del vettore aereo di persone nel trasporto nazionale e in quello internazionale, in Resp. civ. prev. 2001, 1108, che evidenzia come il rilievo esplicito attribuito alla colpa del danneggiato nella Convenzione di Varsavia e, quindi, nella Convenzione di Montreal, quale causa di esonero del vettore dalla propria responsabilità per danno alla persona del passeggero, muova proprio dalla necessità di evitare che, nei sistemi di common law caratterizzati dall’applicazione del principio della rilevanza determinate della «causa proxima» anche qualora abbiano concorso al verificarsi del danno più cause, potesse rimare irrilevante il contributo causale del danneggiato.
([24]) Corte Suprema degli Stati Uniti 23 febbraio 2004, caso Olimpic Airways c. Husain, in Dir. trasp. 2006, 605.
([25]) U.S. Supreme Court 4 marzo 1985, Air France v. Saks, 470 US 392, cit.
([26]) Si pensi alle COVID-19 Aviation Health Safety Protocol Operational Guidelines for the management of air passengers and aviation personnel in relation to the COVID-19 pandemic, 21 maggio 2020, EASA e ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control), issue n. 1.1; i G7 Principi di Trasporto di Alto Livello in Risposta al COVID-19 mirano a garantire che tutte le misure restrittive in materia di sanita? pubblica sui viaggi e trasporti derivanti dal COVID-19 siano: reattive, mirate, trasparenti, proporzionate, temporanee e non discriminatorie; basate sul rischio, sottoposte a revisione continua, monitorate e opportunamente adattate; compatibili con le migliori pratiche internazionali; e o coerenti con gli obblighi derivanti da accordi internazionali.
([27]) Nota del Direttore generale ENAC Linee guida fase 2. La ripartenza del settore aereo, 21 maggio 2020 0050328-P.
([28]) Si pensi al caso della diffusione di agenti patogeni attraverso l’impianto di areazione e di condizionamento dell’aeromobile; cfr. Abeyratne, The Spead of Tubercolosis in the Aircraft Cabin- Air Carrier Liability, in Air & Space Law 1999, 181. Con riferimento alle conseguenze allergiche provocate dall’impiego a bordo di sostanze disinfettanti imposte da disposizioni autoritative, cfr. Capacchione v. Qantas Airways [U.S. D.C., Central District of California 5 gennaio 1996], 25 Avi (CCH) 17.346.
([29]) C. giust. UE 19 dicembre 2019, causa C-532/18, Niki Luftfahrt, cit. Durante il volo, veniva servito ad un passeggero un bicchiere di caffè caldo, il quale, una volta posto sul tavolino dinanzi al medesimo, si rovesciava sulla coscia destra nonché sul petto del figlio minorenne del passeggero a lui seduto accanto, causando al bambino ustioni di secondo grado. Non ha potuto essere appurato se il bicchiere di caffè si sia rovesciato a causa di un difetto del tavolino pieghevole sul quale era posto o per effetto delle vibrazioni dell’aereo. Il giudice di rinvio, l’Oberster Gerichtshof (Corte suprema austriaca) ha posto alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «se costituisca un “incidente” implicante la responsabilità del vettore ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal lo scivolamento e il rovesciamento, per motivi non precisati, di una tazza di caffè caldo appoggiata sul tavolino del sedile anteriore durante il volo di un aereo, a seguito dei quali un passeggero subisca ustioni».
([30]) Sostiene l’Avvocato generale nelle proprie conclusioni che «dato che la persona lesa non ha accesso a tutti i dati tecnici riguardanti la navigazione dell’aeromobile o l’attività aerea, di cui solo il vettore aereo dispone, sarebbe eccessivamente difficile per essa provare l’esistenza di un rischio tipico del trasporto aereo o persino di un nesso di causalità con quest’ultimo, al fine di poter chiedere un risarcimento sul fondamento di tale art. 17, § 1» (n. 53).
([31]) Cfr. Masutti-Mascolo, The Air Carriers’ Obligation to Pay Compensation (including for Covid-19?) in the Light of the Recent CJEU Case Law, in The Aviation & Space Journal 1/2020 [online], 49: «The ruling rendered by the CJEU may have a great impact on the air carriers’ liability, thus leading to a substantial increase in passengers’ compensation claims. Furthermore, it cannot be excluded that, in the future, airlines might be obliged to pay compensation to passengers as a result of Codiv-19 contamination».
([32]) Lefebvre D’Ovidio-Pescatore-Tullio, Manuale di diritto della navigazione, Milano, 2019, 508.
([33]) Cfr. Zampone, Il rischio dell’impossibilità della prestazione nel contratto di passaggio, cit., 141.
([34]) Cass., sez. un., 30 ottobre 2001 n. 13533, in Corr. giur. 12/2001, 1565 ss., con nota di Mariconda.
([35]) Cass., sez. un., 3 maggio 2019 n. 11748, in Giur. it., 2019, 7, 1527, con nota di Calvo; e Giur. it. 2019, 12, 2644, con nota di Russo; in Foro it., 2019, 9, 1, 2726; in Nuova giur. civ. comm. 2019, 5, 1062, con nota di Regazzoni; in Contratti, 2019, 4, 373, con nota di Dalla Massara; in Corr. giur. 2019, 6, 744, con nota di Villa; in Notariato 2019, 4, 413, con nota di Ventura.
([36]) Si vedano le considerazioni preliminari in C. giut. UE 19 dicembre 2019, cit., e, in particolare, il punto n. 36: «Conformemente al terzo comma del preambolo della Convenzione di Montreal, gli Stati aderenti alla Convenzione stessa, riconoscendo “l’importanza di tutelare l’interesse degli utenti del trasporto aereo internazionale e la necessità di garantire un equo risarcimento secondo il principio di riparazione”, hanno peraltro deciso di prevedere un regime di responsabilità oggettiva dei vettori aerei. Tale regime implica, tuttavia, come emerge dal quinto comma del preambolo della Convenzione di Montreal, che sia preservato il “giusto equilibrio degli interessi”, segnatamente degli interessi dei vettori aerei e dei passeggeri (v., in tal senso, sentenze del 6 maggio 2010, Walz, C 63/09, EU:C:2010:251, punti 31 e 33; nonché del 22 novembre 2012, Espada Sánchez e a., C 410/11, EU:C:2012:747, punti 29 e 30)».